Stare nella propria Comfort Zone può essere un bene, ma uscirne è altrettanto fondamentale. Di Fughe dai propri confini ed emozioni made in Rome di una mamma e non di una Wonderwoman.
Al giorno d’oggi ti devi far trovare pronto non ci sono cavoli.
Pronto a rispondere ad una telefonata (e non perderla)
Pronto a dire di no (e non dire di si sapendo che te ne pentirai)
Pronto a prendere ed agire (perchè se non lo fai tu lo farà qualcun’altro)
Al giorno d’oggi stare al mondo è decisamente più complesso. Figli o non figli non conta. Neppure che tu sia nato uomo oppure donna. Devi semplicemente sapere che non potrai trattenerti troppo a lungo nella tua comfort zone.
Non bisogna accontentarsi, in particolare nel lavoro, perchè il “quieto vivere” troppo volte viene interpretato (aimè erroneamente) come poca motivazione. Ragion per cui a mio avviso ciclicamente bisogna tirare fuori la voce e le unghie ed uscire da dinamiche sicure prima che gli altri lo facciano altri al nostro posto.
Inoltre la Comfort zone ha l’aria di un’associazione no profit. Oltre a non percepire alcun rischio o minaccia, a volte non si percepisce manco uno stipendio. Perchè inseguire i propri sogni è alla base di tutto, ma non si mangia di sogni o di lavori ideali. Né di prodotti in cambio di un post (ops..delicata polemica rivolta al mondo blogger)
E comunque…
Una settimana fa mi chiamano ed io rispondo al telefono (cosa davvero rara visto da quando sono mamma sono oramai la reggina della chiamata persa = momento perso). Mi dicono che c’è un’urgenza ed un un set da seguire su Roma da li a 3 giorni. Mi faccio spiegare rapidamente il lavoro, concordo il prezzo, una call con il cliente l’indomani ed anche il supporto di una nonna. Dico di si senza troppo pensarci e dopo 48 sono su un treno per la capitale. Potevo, dovevo, volevo.Non so cosa sia successo alla mia vita professionale ma ultimamente devo aver lanciato un messaggio implicito che diceva “fate andare lei al posto mio” oppure “Si va bene lo faccio, ma alle mie condizioni (comfort) “.
Possibile? Si credo proprio di se e ne è l’espressione più grande per il Progetto Video Tutorial Pampers fatto un anno fa che prevedeva la possibilità di avere una location esterna. Ma io brillante donna che non sono altro, un po’ per pensando di preservare Emma e Nina (anche loro parte di alcuni video) un po’ per rimanere nella mia confort zone, ho spinto così tanto l’idea di utilizzare la mia amabile casa, che alla fine ho convinto tutti ed avevo 30 persone a core a core al mio spazio vitale!
Ma qualcosa è poi cambiato…l’oroscopo, le stagioni, le visioni. Anche qualche altra esperienza di Lavoro dall’aria combattuta a dirla tutta!
E così domenica scorsa mi sono ritrovata in stazione con uno zainetto nero contenente vestiti per le successive 24 h ripiegati a modi rotolino salva spazio, un libro motivazionale, una rivista fashion da 1 kg e due hard disk che dovevano tornare pieni. Sono partita con l’idea che arrivata a Roma avrei rivisto per cena uno dei miei più cari amici. I piani però sono presto cambiati perchè la sua vita da padre per via di tempi stretti e spazi urbani troppo larghi non riusciva ad incontrare la mia, dall’aria mordi e fuggi. Più di tutto volevo comunque rivedere la città perchè era passato davvero tanto tempo dall’ultima volta. Roma crea dipendenza ed io ce l’avevo nel cuore da quando ci avevo vissuto per oltre un anno nel 2005, grazie ad un primo contratto da junior producer che consacrava l’inizio di una carriera e di una vita fuori casa.
Approdata in stazione mi sono lasciata guidare dai ricordi delle strade (cannandole clamorosamente) e dopo essermi immersa nel triangolo turistico: Piazza Venezia, la Fontana di Trevi e i Fori Imperiali, sono andata a Trastevere con le vesciche già ai piedi (non mi ero mia portata altre scarpe se non uno stivaletto in pelle con tacchetto) per tornare nel mio locale del cuore.Sono arrivata da Freni e Frizioni in un perfetto orario aperitivo. Li ho ordinato un Moskow Mule e me lo sono bevuta di gusto da sola appoggiata ad un muretto dove ben presto ho conosciuto due ragazzi che erano l’ultimo esemplare di gentiluomini e spontanea simpatia etero e non provolona. Ho ricevuto in dono una poesia da un cantastorie di strada e mangiato una pizza al taglio, imbattendomi in una troupe russa che girava un reality dall’aria molto “made in Italy”. L’indomani è accaduto più o meno qualcosa del genere: post lavoro e pre treno, nelle mie 3 ore libere mi sono comportata come fossero le mie ultime della vita, con quello stesso entusiasmo e male ai piedi del giorno prima.
Ho passeggiato, pranzato alle 4.30 p.m, mangiato un gelato davanti ad una chiesa, passeggiato a lungo e comprato un regalo alle piccole manco fossi partita da settimana. Infine mi sono ritrovata alle 11 nel mio letto, stanca morta e felice.Cosa sarà mai successo di così grandioso? Posso essere diventata così sfigata che vi racconto tutto questo con l’entusiasmo di un’adolescente al primo viaggi da sola?
Diciamo più che altro che in questa breve fuga mi sono resa conto di essere uscita finalmente dalla mia comfort zone. Cosa che forse quando diventi mamma un po’ ti imprigiona davvero. Ti tutela, ti coccola, ti da certezze…bla bla bla bla…
Stare nella comfort zone è fondamentale se abbiamo bisogno di riprenderci e ricarburare, soprattutto dopo aver subito un bello stress. E con questo ognuno tiri il suo bilancio. Io che non sono Wonderwoman come molti pensano, difatti faccio le mie riflessioni a riguardo.
Restare troppo nella comfort zone può diventare un limite perchè ci preclude altre emozioni. Da un lato rimanere entro i nostri confini ci da sicurezza, ma questo non solo non porta a nessuna evoluzione, ma preclude anche delle piccolissime gioie che fanno tanto bene all’animo. Oggi e solo oggi, con loro di 4 anni, un curriculum intenso di vita (a volte pure lei ci si mette) e nuove consapevolezze nell’ambito lavorativo, con una sana voglia di evolvermi, una discreta determinazione ed un bel filtro “non mi rompete le palle” io vi posso dire che uscirne al momento giusto è una figata!”
E comunque non temete: tempo di svegliarsi l’indomani (era il primo martedì del mese) prendere un caffè, coccolarsi tutti e tornare alla realtà: Nina era malata. Kolismo e reclusione per tre giorni e tempo venerdì anche Emma era malata.
Insomma alla comfort zone si torna in un attimo. Anche troppo!
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